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10 Luglio 2025 Fai da Te

Quale Silicone Utilizzare per le Infiltrazioni d’Acqua

Parlare di “infiltrazioni d’acqua” significa abbracciare situazioni eterogenee: dal giunto fra vasca e piastrelle che lascia filtrare gocce invisibili, alla crepa nel serramento esterno che convoglia un velo d’acqua in caso di vento, fino al punto di discontinuità in copertura dove la pioggia spinta batte di traverso. Ogni scenario impone di capire due parametri fondamentali: su quali materiali il sigillante dovrà aderire e quanta deformazione dovrà sopportare nel tempo. Un giunto statico fra due lastre di vetro richiede soltanto tenuta e resistenza ai raggi UV, mentre il nodo tra parapetto metallico e massetto di un balcone, esposto a dilatazioni termiche stagionali, pretende un sigillante capace di “seguire” movimenti anche dell’ordine di qualche millimetro senza screpolarsi. Solo dopo questa ricognizione si può scegliere la chimica adatta, evitando l’errore, frequente nel fai-da-te, di considerare “il silicone” un prodotto unico e universale.

Indice

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  • Capire la famiglia chimica dei siliconi
  • Valutare le prestazioni secondo le norme europee
  • Dove l’acqua è continua, serve l’omologazione specifica
  • Sigillanti ibridi: la scelta quando il silicone non basta
  • Preparare il supporto: condizione essenziale per ogni tipo di silicone
  • La posa vera e propria e il rispetto dei tempi di cura
  • Quando serve un prodotto sott’acqua o in emergenza
  • Conclusione: scegliere consapevolmente per evitare doppio lavoro

Capire la famiglia chimica dei siliconi

I sigillanti siliconici che si trovano nei centri bricolage appartengono per lo più a tre categorie di reticolazione: acetica, neutro-ossiminica e neutro-alcoxy. Il silicone acetico, quello che sprigiona odore pungente paragonabile all’aceto, è ideale su superfici vetrose o smaltate perché polimerizza rapidamente e forma una gomma brillante, molto resistente a muffe e detergenti. Tuttavia l’acido acetico rilasciato in fase di vulcanizzazione può aggredire metalli non protetti come ferro o rame, macchiare alcune pietre naturali e inibire l’adesione su cementi ancora alcalini. Per infiltrazioni che coinvolgono metallo anodizzato, calcestruzzo, PVC o legni verniciati, la scelta migliore ricade sul silicone neutro, privo di corrosività e caratterizzato da un’adesione più ampia; la variante ossiminica è inodore e molto diffusa nei serramentisti, mentre la versione alcoxy emette un lieve sentore di alcol ed è apprezzata per la traslucenza superiore.

Valutare le prestazioni secondo le norme europee

Per evitare acquisti a scatola chiusa è utile controllare in etichetta la classificazione ISO 11600 o, in sua assenza, la sigla EN 15651 che distingue le destinazioni “F” (facciate), “G” (vetro), “S” (sanitari) e “PW” (permeabilità pedonale). Un silicone marcato 25LM indica un allungamento minimo di rottura del 25 % su giunti a bassa modulazione, adatto quindi ad assorbire le dilatazioni di un serramento legno-alluminio; un 12,5E, al contrario, è pensato per giunti quasi fermi, come la sigillatura interna di un top cucina. Chi deve bloccare infiltrazioni su balconi o su tettoie metalliche sottoposte a violenti sbalzi termici dovrebbe orientarsi su prodotti 25E neutri o, meglio ancora, su 25LM a base ibrida MS-polymer, in grado di legare anche su superfici leggermente umide.

Dove l’acqua è continua, serve l’omologazione specifica

Un errore frequente è utilizzare un comune silicone per sigillare vasche idromassaggio, filtri di acquari o riserve d’acqua potabile. In queste applicazioni il contatto con liquido statico H 24 impone un sigillante classificato WRAS o conforme all’ACS francese, cioè idoneo ad acqua destinata al consumo umano e privo di plastificanti che rilascino sostanze organiche. Lo stesso vale per sigillature interne di piscine: la permanenza in cloro e luce diretta esige siliconi “pool grade” con additivi anti-UV e antimuffa di classe sanitaria massima.

Sigillanti ibridi: la scelta quando il silicone non basta

Vi sono infiltrazioni dove, oltre alla tenuta, si richiedono pitturabilità e adesione su supporti porosi ancora bagnati dopo l’eliminazione della muffa; in questi casi i sigillanti MS o SMP, ibridi fra silicone e poliuretano, offrono un compromesso virtuoso: elasticità pari al 20-25 %, assenza di odori acidi e possibilità di essere verniciati con smalti acrilici elastici dopo la reticolazione. Per riprese esterne su intonaci fessurati o giunti tra pietra e alluminio anodizzato sono spesso la soluzione definitiva, in particolare se l’infiltrazione si è manifestata perché il vecchio mastice acrilico si è indurito e ha ceduto.

Preparare il supporto: condizione essenziale per ogni tipo di silicone

La qualità del sigillante scelto decade se il fondo non è preparato in modo corretto. Occorre quindi asportare completamente il vecchio silicone con una spatolina affilata e rifinire con un raschietto tirando via i residui elastici; un passaggio di panno imbevuto in alcool isopropilico elimina grassi, saponi e spore di muffa. Nel caso di supporti porosi si applica un primer specifico unito alla cartuccia, lasciandolo asciugare il tempo indicato dal produttore: i pochi minuti investiti in questa fase evitano il distacco del cordolo dopo la prima estate torrida. La sezione ideale del giunto dev’essere più larga che profonda; uno spessore oltre 8 mm di silicone compatto può crepare all’interno, perciò conviene inserire un cordoncino di polietilene espanso come fondogiunto e mantenere il cuscino elastico nella parte superiore.

La posa vera e propria e il rispetto dei tempi di cura

Cartuccia in mano, si spinge il sigillante con pressione costante, accompagnando il beccuccio a 45 gradi e colmando l’interstizio dall’interno verso l’esterno. In ambienti domestici la lisciatura con spatola umida di acqua e sapone neutro rende il cordolo concavo, pronto a dilatarsi. Anche se molte etichette promettono “indurimento in due ore”, la tenuta reale all’acqua si raggiunge dopo ventiquattro; esporre il giunto a docce o pioggia battente prima della reticolazione completa può generare micro-canalizzazioni invisibili che, con il tempo, reinnescano l’infiltrazione.

Quando serve un prodotto sott’acqua o in emergenza

Nel caso si debba intervenire su un giunto ancora bagnato a causa di infiltrazione attiva, alcuni siliconi neutri “wet surface” o gli MS monocomponente ultra-rapidi polimerizzano per umidità e si aggrappano anche in presenza d’acqua corrente leggera. Sono pensati per riparazioni di tubazioni, manicotti in PVC o passanti di tetto in giorni di pioggia ininterrotta; il loro costo è superiore, ma evitano di aspettare l’asciugatura completa che, su supporti spugnosi, può richiedere settimane.

Conclusione: scegliere consapevolmente per evitare doppio lavoro

Affrontare un’infiltrazione d’acqua con il silicone sbagliato significa spesso rimandare di qualche mese il problema e complicare la riparazione successiva. L’acetico resta imbattibile su vetro e ceramica in ambienti sanitari, il neutro assicura adesione estesa e assenza di corrosione, l’ibrido MS unisce elasticità e pitturabilità in esterni multistrato. Letta l’etichetta e rispettate le classi ISO o EN, il successo dipenderà poi dal metodo: rimozione totale del vecchio sigillante, pulizia meticolosa, uso del primer quando prescritto e rispetto dei tempi di vulcanizzazione. Con questi accorgimenti, il cordolo appena steso diventa una barriera durevole, capace di restituire a tetti, telai o piastrelle la tenuta originaria e di riportare la zona danneggiata a una lunga stagione di serenità impermeabile.

Categories: Fai da Te

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